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Mastica
Finite le scuole io e mio fratello venivamo spediti dai nonni al mare. Come dei Mowgli in salsa pugliese, ci arrampicavamo sui trulli, giocavamo nella terra, mangiavamo direttamente dagli alberi mandorle, fichi, pesche. Un giorno sono stata ritenuta abbastanza matura per viaggiare da sola con la Marozzi, d’altronde l’alternativa sarebbe stata mio cugino che mi aveva già dimenticata una volta sul treno. Però le valige le aveva prese. Per questi viaggi ero dotata di ogni confort: panini imbottiti con prosciutto crudo, pomodoro fresco e una mattonella alta due dita di provolone piccante. Li adoravo. Quando li scartavi e liberavi l’effluvio, qualcuno rinveniva, altri cadevano in trance. Da bere avevo una mignon di spumante che i nonni usavano riempirmi con coca cola o acqua. Era sempre quella, ogni viaggio. E non so quante volte quel gesto di tirar fuori la bottiglietta mi sia costato un rimprovero: ‘così piccoli non si dovrebbe bere’. Vallo a spiegare alla signorina Rottenmeier di turno che nella realtà bevevo un bicchiere di vino a pasto e il caffè dopo pranzo, perché mio nonno sosteneva facesse bene, e non c’era verso di rifiutare. E che già quattrenne, al cenone, mentre il parentado guardava i fuochi io mi scolavo i loro flutes di spumante, con smisurata ammirazione e assoluta complicità del nonno di cui sopra che mi faceva da palo.
Quelli erano giorni in cui a svegliarti non era l’aroma del caffè appena fatto, ma l’odore delle melanzane che cuocevano. Andavi a fare colazione e la tavola era già perfettamente apparecchiata per il pranzo, i pomodori appena raccolti tagliati a spicchi con i capperi. Quando tornavi dal mare, non vedevi l’ora di mangiarle quelle melanzane: nonna le aveva tagliate a metà, svuotate e la polpa l’aveva cosparsa di sale e fatta riposare per una mezz’ora, in modo che perdesse il liquido di vegetazione. Poi l’aveva lavata, strizzata, ridotta a dadini e cotta nell’olio evo, una volta raffreddata l’aveva messa in una terrina con le uova, il pecorino grattugiato, un po’ di aglio tritato finissimo, il sugo di pomodoro fresco e basilico, una frisa bagnata e strizzata (o pane duro) e aggiustata di sale. Poi aveva mescolato il tutto e riempito le barchette, sistemate in fila su di una teglia cosparsa del medesimo sugo di pomodoro e le aveva infornate. Le melanzane ripiene, cotte nella brace del forno a legna di casa. A qualcuno sarà sorta spontanea una pernacchia, ma vorrei tranquillizzarvi: qualunque forno va bene.
Masserie didattiche
Con il cuore che batte al ritmo della Madre Terra, ma anche con gli occhi che guardano orizzonti di futuro.
Un grido di sconfitta
Pillola Facebook della partecipazione di Nichi Vendola ieri a Che Tempo che Fa.
You know
Camillo (grazie, arrossiamo) stende l’ala protettiva su un blog nato da un anno tondo tondo:
Checco che stai a di’? è il titolo che il grande Nomfup (blog dell’anno, you know) ha dato a questa imitazione di Nichi Vendola …
Checco ma che stai a dì’?
Il contributo di Checco Zalone alla rubrica di Claudio Cerasa.